Glutine sì… glutine no: come scegliere?

Mangiare senza glutine è una scelta attualmente in voga anche tra chi non è affetto da celiachia. Perché? Da dove nasce questa tendenza?

Il glutine è da anni sempre più demonizzato, ma è ben difficile riuscire a districarsi nel mare di articoli pro e contro, i quali, anziché informare, finiscono per confondere solo le idee. Il risultato è che i consumatori non sanno come distinguere le informazioni corrette ed affidabili da quelle allarmistiche. Proveremo a chiarire un po’ dei dubbi più comuni sul glutine, quotidianamente presente anche sulla tavola di tutti, vegan e non, iniziando subito con il dire che il glutine NON è un nutriente essenziale e che quindi una dieta senza glutine, se ben strutturata, non comporta alcuna carenza.
Inoltre, vi è differenza tra una dieta senza glutine e una dieta senza glutine per chi è celiaco.
Nel primo caso basterà scegliere alimenti naturalmente privi di glutine, quindi praticamente tutti, meno i cereali che notoriamente lo contengono. Viceversa, la dieta in celiachia necessita di alimenti privi di glutine, ovviamente, ma anche privi di contaminazioni da glutine, il che amplia di molto le limitazioni alimentari, avvalendosi dei simboli che contraddistinguono cibi certificati senza glutine.

A questo punto occorre comprendere cosa sia il glutine: è un complesso proteico che si forma in alcuni cereali, durante l’impasto, a contatto con l’acqua e che nel frumento è composto dall’unione di glutenina e gliadina. È una sostanza collosa, il cui nome ne testimonia la consistenza: glue significa colla in inglese! Nel glutine, la frazione che si chiama prolamina è associata alla celiachia, la tanto nota quanto complessa enteropatia, di natura immunitaria, a forte componente genetica (che quindi NON è un’intolleranza!), che si sta diffondendo a ritmi crescenti in Europa e nord America. Nello specifico, la prolamina ha un nome diverso a seconda del cereale: gliadina nel frumento, secalina nella segale, ordeina nell’orzo, avenina nell’avena.
Il glutine infatti si trova nei seguenti cereali: frumento, farro, segale, khorasan-kamut, orzo, avena. Ovviamente, tutti gli alimenti fatti con tali cereali contengono glutine, quindi pane, pasta, pizza, biscotti, cracker, dolci. Ma non tutto il glutine è uguale. Ad esempio, la maggior parte del frumento presente ogni giorno sulla nostra tavola è una varietà ottenuta nel 1975 per incroci (ibridazione e selezione), utilizzando l’originario frumento cultivar senatore cappelli, previa modifica per irradiazione con raggi gamma. Tale modifica, introdotta per motivi di resa del raccolto, non è però gradita al nostro intestino, il quale può subire diverse conseguenze dall’assunzione continuata e in gran quantità di tale glutine “non naturale”.

Quindi il glutine andrebbe sempre evitato? Oppure ci sono cereali con glutine più tollerato?
La risposta è… dipende da quale cereale si assume e con quale frequenza!
Esistono patologie nelle quali è opportuno evitare il glutine, ma nell’alimentazione quotidiana di una persona senza problemi particolari, il consiglio più sensato che si possa dare è alternare i cereali, non soltanto per motivi di glutine, ma anche per i loro diversi valori nutrizionali. In ogni caso, meglio usare frumenti autoctoni anche detti varietà antiche, quali il nominato senatore cappelli, oppure saragolla, solina, maiorca, timilia, etc. Sono sempre grani con glutine, ma senza dubbio è un glutine “intoccato”, ovvero così come natura vuole, quindi molto più tollerato dalla nostra mucosa intestinale.

Del resto la celiachia è davvero molto diffusa: è passata da 1 caso ogni 2000 persone a 1 caso ogni 150 persone, in 15 anni, probabilmente per l’eccessiva presenza sulla nostra tavola di grano, perlomeno questo è quanto viene ipotizzato a seguito di vari studi condotti in Nord Europa. Quest’aumento dei casi potrebbe comunque dipendere da molteplici motivazioni: la patologia è senza dubbio maggiormente nota rispetto al passato e sono quindi migliorati sia i criteri diagnostici, che l’attenzione ai sintomi spia da parte del corpo medico. Inoltre, si ipotizza un’introduzione troppo precoce di glutine nello svezzamento, peraltro con mancanza di allattamento al seno, seppure ultimamente sono emersi nuovi dati che potrebbero far pensare, se confermati su campioni ampi, che non vi sia legame tra insorgenza della celiachia, introduzione precoce del glutine ed allattamento. Infine, è sotto accusa anche il consumo continuato e frequentissimo di alimenti con glutine. Basta infatti un rapido calcolo: colazione a base di pane oppure biscotti, dolce, muesli; pranzo con pasta e pane; merenda con biscotti oppure pane o merendine; cena ancora con pasta e pane… quante volte il glutine di frumento è presente nella classica giornata alimentare di un europeo, inclusi i vegan?

Va segnalato che ci sono patologie nelle quali è coinvolto indirettamente il glutine, ovvero è stata osservata la presenza di anticorpi nei confronti del glutine e della gliadina sia in pazienti affetti da autismo che da sclerosi multipla.
Inoltre, in virtù del fatto che il glutine è definito immunostressogeno a livello dell’intestino (lo sono anche caseina e albumina), ovvero in grado di attivare una risposta auto-immunitaria nei casi in cui ci sia un’aumentata permeabilità intestinale, non sarebbe indicato in tutte le malattie autoimmuni, includendo anche la tanto diffusa tiroidite di Hashimoto.
Infine, è ormai riconosciuta dal 2011 la sensibilità non celiaca al glutine, anche detta per semplicità sensibilità al glutine, ovvero molte persone, pur non essendo celiache, manifestano sintomi analoghi a quelli della sindrome del colon irritabile, i quali scompaiono eliminando il glutine dalla dieta. Da ciò ne deriva, che in una dieta equilibrata è bene alternare i cereali con glutine e quelli senza, limitando l’assunzione del seitan ad un massimo di 4 volte al mese (meglio meno), possibilmente scegliendo quello ottenuto da farro o khorasan.

Nella dieta vegan si fa infatti largo uso di seitan, preparato in genere utilizzando la farina di manitoba, un grano canadese dall’elevato contenuto glutinico, ancora più aggressivo del frumento irradiato. Ecco perché è preferibile diradare l’assunzione di seitan, limitandosi ad una volta ogni 7-10 giorni, preferendo invece quei preparati a base di glutine fermentato, nei quali la quota di glutine è bassissima. In ogni caso, come già scritto, meglio variare. Anche le fonti proteiche vegan possono essere alternate, scegliendo a rotazione, tofu, tempeh, lupino, canapa, legumi interi, decorticati, in farina (precotta), fiocchi, oppure in crema tipo hummus, pasta, falafel, etc. Inoltre, l’alga nori, la frutta secca, i semi oleosi… di certo la fantasia nel mondo vegan non manca, quindi cerchiamo di fare un uso “saggio e parsimonioso” del glutine!

È bene ricordare le alternative, naturalmente prive di glutine, ai cereali che lo contengono: riso, miglio, quinoa, grano saraceno, amaranto, tapioca, mais, teff, sorgo, fonio. Diciamo che di certo non ci sarebbe da annoiarsi, considerando che ormai pressoché tutte queste alternative sono disponibili sotto forma di chicchi, farine, pasta, fiocchi, soffiati, gallette, cracker, etc. Basterà solo provare a modificare le nostre scelte durante la fase più importante di una qualsiasi dieta equilibrata: la spesa!
Una precisazione riguardo all’avena: le avenine, sono da considerarsi la parte glutinica dell’avena, attualmente oggetto di studi per verificarne la tollerabilità da parte di soggetti affetti da enteropatia immunomediata (celiachia).
Di recente, diversi prodotti alimentari a base di avena, provvisti del claim “senza glutine”, sono stati inseriti nel Registro Nazionale degli alimenti senza glutine del Ministero della Salute, in base al regolamento CE 41/2009, che ne consente la commercializzazione qualora il contenuto di avenina (glutine) dell’avena utilizzata sia inferiore alle 20 ppm (parti per milione).
Ciò è possibile in quanto, differenti varietà di avena, anche di diversa provenienza geografica, presentano contenuti di avenina differenti. Alcune risultano capaci di attivare, in soggetti celiaci, alcune delle reazioni glutine-dipendenti, sia a livello ematico che di mucosa duodenale, mentre altre sono prive di tali effetti.
È stato verificato che alcune varietà hanno un contenuto di glutine inferiore alle 20ppm. Perciò, tali varietà, se non contaminate da altre tipologie di glutine (da cereali quali grano, segale, orzo, farro, etc), possono essere considerate adatte per il consumo in soggetti affetti da celiachia.

Il Board Scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC) suggerisce: “il consumo di avena solo per quei prodotti a base di o contenenti avena presenti nel Registro Nazionale dei prodotti senza glutine del Ministero della Salute, che garantisce sull’idoneità dell’avena impiegata.”
Il Board Scientifico di AIC “ritiene che la maggior parte dei celiaci possa inserire l’avena nella propria dieta senza effetti negativi per la salute”. Dato però che non possono essere esclusi eventuali effetti legati all’introduzione dell’avena, viene consigliato che “tali prodotti vengano inizialmente somministrati a pazienti in completa remissione e che stiano seguendo una dieta senza glutine che abbia escluso anche l’avena.”
In sostanza, tali conclusioni coincidono con la Position Paper canadese (2016) nella quale si afferma che l’avena priva di contaminazioni glutiniche, non eccedente le 20 ppm di glutine, può essere definita “gluten free” in contrapposizione all’avena priva di tali requisiti.
Per quest’ultimo tipo di avena sarebbe applicabile, secondo la sottoscritta, la seguente frase, peraltro presente nei Food and Drug Regulations: “è proibito etichettare, imballare, vendere o pubblicizzare un prodotto in modo da creare l’impressione che sia gluten-free, qualora il prodotto contenga glutine o glutine modificato, incluse sue frazioni”. È infatti il caso di tutte quelle varietà di avena non aderenti ai requisiti previsti dal Ministero della Salute e per le quali sarebbe opportuno mantenerne la classificazione tra i cereali con glutine.
Riassumendo, per evitare che si diffonda un messaggio sbagliato, in caso di malattia celiaca non è consigliabile acquistare in libertà tutti i prodotti che contengono avena, bensì è opportuno limitarsi solo a quei prodotti (peraltro inseriti nel Registro Nazionale degli alimenti senza glutine) a base di varietà di avena testate come non tossiche, prive di contaminazioni da cereali con glutine e non eccedenti il contenuto di glutine di 20ppm. In tal caso, possono definirsi prodotti gluten-free e teoricamente, in base alle attuali conoscenze, non rappresentano un pericolo per i soggetti celiaci.

Infine, è opportuno sottolineare che anche il bulgur, ultimamente molto di moda, è frumento, ma lavorato in modo da ottenere dei granelli spessi (tipo cous cous grossolano). Questa precisazione mi è sembrata opportuna perché vari pazienti mi dicono orgogliosi che hanno eliminato la pasta e il grano, avendo scoperto il bulgur. Peccato, ma la scelta gluten-free non manca: nella tabella qui riportata sono riassunti tutti i cereali o similari che possono sostituire il frumento. In particolare, invito ad utilizzarne le farine per fare dolci, pane, biscotti, pizza, miscelando cereali con glutine e senza per migliorare il valore nutrizionale dell’alimento finale e mantenere basso il livello di glutine. Buona varietà in alternanza a tutti!

Cereali e pseudocereali

Tutti gli alimenti elencati sono disponibili come farina, le altre forme presenti in commercio sono indicate nelle varie celle.

CEREALI E PSEUDOCEREALI SENZA GLUTINE CEREALI CON GLUTINE
Riso: chicchi, pasta di riso, riso soffiato, cous-cous, riso precotto. Segale: chicchi, pasta di segale.
Quinoa: chicchi, pasta di quinoa, quinoa soffiata Orzo: chicchi, pasta di orzo, orzo soffiato, cous-cous
Grano saraceno: chicchi, pasta di grano saraceno, grano saraceno soffiato. Farro: chicchi, pasta di farro, farro soffiato, cous-cous di farro.
Miglio: chicchi, pasta di miglio, miglio soffiato, semolino di miglio. Grano/frumento: chicchi, pasta, semolino, cous-cous.
Amaranto: chicchi, pasta di amaranto, amaranto soffiato. Grani antichi (Timilia, Maiorca, Saragolla, Senatore Cappelli etc): pasta di grani antichi, soffiati, cous-cous.
Mais: chicchi, pasta di mais, precotto (polenta), mais soffiato, cous-cous. Khorasan (Kamut): chicchi, pasta di kamut, kamut soffiato, cous-cous.
Sorgo: chicchi, soffiato, semolino. Avena: chicchi, pasta di avena.
Teff: chicchi, pasta
Fonio: chicchi, semolino.

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Autrice: dr Sabina Bietolini, PhD, biologa nutrizionista.
Docente a contratto UNICUSANO
Presidente SONVE (Società Scientifica Nutrizione Vegetale)

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